Questa notizia è stata letta 577 volte

di Francesco Tropeano

Come ben sappiamo le guerre non “scoppiano” da sole, improvvisamente, come un accidente naturale, c’è, purtroppo, qualcuno che le dichiara ed addirittura qualcuno che le prepara. Naturalmente, tutti sanno che le guerre portano distruzione e morte, ma non tutti vogliono sapere che con le guerre c’è chi guadagna somme impressionanti. Il 10 giugno del 1940, nell’anniversario dell’omicidio Matteotti, dal balcone di Piazza Venezia, con le celebri parole ai “Combattenti di terra, di mare, dell’aria“, il Duce annuncia l’ingresso dell’Italia nel secondo conflitto mondiale. Mussolini era realmente convinto che la Germania nazista avrebbe vinto la guerra in breve tempo. Su queste basi, e su una sopravvalutazione drammatica delle forze armate italiane, trascinò il paese in una tragedia infinita che, di fatto, segnerà l’inizio della fine del suo regime.

Il pasticcio dell’otto settembre – Il Duce sogna di promuovere la sua guerra parallela per impadronirsi del Mediterraneo e dei Balcani. Ma già nello stesso 1940 è sconfitto in Africa, in Grecia e nel Mediterraneo. Una disfatta dietro l’altra fino all’estate del ‘ 43, con l’invasione degli angloamericani del suolo italiano. A Cinquefrondi l’arrivo delle truppe angloamericane ed il breve periodo di occupazione militare alleata aveva dato l’illusione che la guerra fosse finita. Invece si trascinerà sanguinosamente per altri due anni. Alla gioia iniziale si andava sostituendo l’angoscia di moltissime famiglie che avevano i propri cari ancora impegnati nei fronti di guerra o dispersi tra i mille rivoli della “rotta” seguita all’8 settembre, quando i nostri reparti dell’esercito si trovarono allo sbando da un momento all’altro, senza indicazioni né direttive. La cosiddetta fuga del Re e soprattutto di tutto lo Stato Maggiore, secondo alcuni concordata (e scortata) dall’esercito tedesco in cambio di qualche tonnellata d’oro della Banca d’Italia, aveva provocato il caos nelle nostre truppe e centinaia di migliaia di soldati si trovarono, in poche ore, completamente abbandonati a se stessi ed in balia dell’esercito germanico. Mio padre aveva 19 anni ed era di stanza tra Napoli e Caserta. Ci impiegò 35 giorni per tornare a casa, a piedi, percorrendo mulattiere e valichi di montagna per non essere preso dai tedeschi. Arrivò in condizioni fisiche disperate e le sue condizioni di salute ne risentiranno per tutta la vita. Ma ci furono tanti militari molto più sfortunati. Nella notte tra l’8 e il 9 settembre 1943  cinque soldati vennero fucilati alle spalle davanti al cimitero di Acquappesa sul Tirreno cosentino. Erano tutti calabresi e poco più che trentenni: Michele Burelli e Francesco Trimarchi da Cinquefrondi; Saverio Forgione da Sinopoli, Salvatore Di Giorgio da Cittanova e Francesco Rovere da Polistena (ne abbiamo già scritto qui https://www.cinquefrondineltempo.it/8-settembre-1943-due-soldati-cinquefrondesi-fucilati-mentre-ritornano-a-casa-credendo-finita-la-guerra/ )

Stele dedicata ai soldati fucilati

 

 

Centinaia di famiglie cinquefrondesi , dovranno aspettare la fine reale della guerra per veder tornare a casa i propri cari, sopravvissuti, ma prigionieri nei lager nazisti. Nell’ estate del 1945 i primi cinquanta rientrarono in paese dai luoghi di internamento.

 

 

 

L’operazione ASSE –  Alle ore 18.30 dell’8 settembre 1943 il generale Eisenhower, trasmise un comunicato del quale dava notizia che il governo Italiano aveva chiesto la resa incondizionata dell’Esercito Italiano, e Unione Sovietica, Gran Bretagna e Stati Uniti avevano concesso l’armistizio. Alle 19.42 viene letto un comunicato , dai microfoni dell’EIAR (la Rai di allora), da parte del Capo del Governo, maresciallo d’Italia Pietro Badoglio : “Il Governo Italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto l’armistizio al Generale Eisenhower Comandante in Capo delle Forze Alleate anglo-americane. La richiesta è stata accettata. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le Forze anglo-americane deve cessare da parte delle Forze Italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi provenienza”.

In questo lager fu detenuto Guareschi, ma anche un folto gruppo di internati cinquefrondesi

Lo stesso giorno alle ore 20.30 il generale Rommel, comandante  tedesco ordinò tramite la parola d’ordine “Achse” in Italiano “Asse”, l’avvio di un piano di aggressione di quel che rimaneva del nostro esercito.  Il piano prevedeva il disarmo immediato dei soldati e ufficiali italiani, la loro cattura e l’internamento;  coloro che dichiaravano di essere disponibili a continuare a combattere al fianco delle unità germaniche non venivano internati. La netta maggioranza rispose “NO”; da allora iniziò il loro calvario. In quelle ore migliaia di soldati Italiani vennero fatti prigionieri dall’esercito tedesco su tutti i fronti di guerra in Italia, Francia,  nei Balcani, e trasportati nei Lager.  Di essi, oltre 650.000 furono trasferiti in campi di prigionia situati nel Terzo Reich, oppure nei territori polacchi occupati dalla Germania. Di questi circa 60 mila non fecero più ritorno in patria, uccisi dalle malattie, dalle sevizie, dalla denutrizione o dalle armi dei carcerieri.

L’ordine di Hitler datato 15 settembre 1943 era stato perentorio: “I soldati italiani che non siano disposti a continuare la lotta a fianco dei tedeschi devono essere disarmati e considerati prigionieri di guerra. Chi non è con noi è contro di noi. Gli Ufficiali vennero separati dai sottoufficiali e dalla truppa ed internati in Lager diversi. La diversa nomenclatura non serviva ad indicare sedi diverse, ma tipologie di trattamento diverse, quindi in uno stesso campo troviamo sia uno stalag che un offlag,   a seconda che i prigionieri fossero soldati  oppure ufficiali. Ma già il 20 settembre Hitler declassò i soldati italiani, da prigionieri di guerra ad “internati militari”( IMI – Italienische Militär-Internierten) , status che non vincolava i tedeschi a rispettare, nei confronti degli italiani deportati, le garanzie stabilite dalla Convenzione di Ginevra del 1929, che per i prigionieri prevedevano, per esempio, trattamento umanitario ed adeguata assistenza sanitaria, ispezioni ai campi di internamento della Croce Rossa internazionale e costanti contatti con le famiglie.

In tal modo i tedeschi si ritennero liberi di “usare” gli internati militari italiani a loro piacimento e li avviarono conseguentemente al lavoro coatto nelle industrie, segnatamente in quelle di produzione bellica, ove avevano grandi esigenze di manodopera. La grande maggioranza degli internati fu avviata al lavoro coattivamente, con orari massacranti , in centri industriali obiettivo primario di bombardamenti aerei alleati, in condizioni di alimentazione e igienico sanitarie di pura sopravvivenza. Ogni internato veniva visitato diverse volte nell’infermeria del campo dove un medico divideva i prigionieri in base al loro stato di salute, chi a destra, chi a sinistra.

Ciò significava che se per disgrazia finiva sul lato sbagliato, il suo destino erano i forni crematori, perché non più idoneo ad essere sfruttato come forza lavoro! La maggior parte degli ufficiali (tra i quali 135 Generali ed Ammiragli), che non avevano aderito alla Repubblica di Salò, rimase per tutti i venti mesi dell’internamento nei Lager, in condizioni di vita tristissime sotto ogni profilo e psicologicamente devastanti. Appelli continui, improvvisi, di lunga durata, in condizioni atmosferiche indicibili, di giorno e di notte; pressioni, minacce, lusinghe ripetute costantemente per l’adesione alla Repubblica di Salò o all’arruolamento nelle formazioni militari delle SS. Le stesse pressioni e minacce vennero esercitate non solo sugli ufficiali ma su tutti i militari sin dai primi giorni dell’internamento.

I militari italiani non cedettero mai, in stragrande maggioranza ed opposero sempre il loro deciso no. Il NO che li trattenne prigionieri in Germania, e che molti pagarono con la vita, fu atto volontario e consapevole. Il NO è stato pronunciato da militari di ogni grado, arma e categoria, appartenenti a reparti diversi, catturati in territori e circostanze diversi, ristretti in Lager diversi, senza punti di riferimento, senza suggestioni o imposizioni gerarchiche, cittadini indigenti, benestanti, braccianti, contadini, impiegati, professionisti, intellettuali, analfabeti, cittadini di tutte le regioni d’Italia.  Una testimonianza, forte, appassionata, della vita e delle sofferenze nei lager tedeschi  ci viene dal padre di Fausto Cordiano, Michele: Una testimonianza raccolta nel volume Un uomo nel Lager : Ricordi del Kriegsgenfangenen 6880.

 

Sulla via di casa – Nel 1945, al termine della guerra, gli Alleati – Stati Uniti d’America, Gran Bretagna e Unione sovietica – liberarono più di 11 milioni di lavoratori coatti. Le potenze vincitrici li radunarono in campi di raccolta. Per gli italiani iniziò un periodo di attesa, perché gli Alleati preferirono dare la precedenza al rimpatrio di cittadini di altri paesi. Molti italiani ex internati militari, prigionieri liberati dai campi di concentramento e civili cercarono di tornare a casa per conto proprio. Il rimpatrio organizzato iniziò nell’estate del 1945. I reduci viaggiarono verso il Brennero su autocarri o in treno, passando per alcuni campi di transito.  I vagoni si riempiono di scritte: «W l’Italia!», «W la Democrazia!», «W i liberatori!», «W Noi!», «W i maccheroni! »

Visita medica e Ddt

 

“Centro di Raccolta e Smistamento Reduci”, dice un cartello. Il 28 giugno 1945 arriva alla stazione di Balconi, frazione di Pescantina, la prima tradotta militare, carica di ex internati. Giovani donne “gli angeli di Pescantina” organizzano l’accoglienza. I soldati con “le strasse ai piè” e le piaghe sotto in piedi, vengono lavati, curati e sfamati. Gli altoparlanti diffondono le note di Mamma son tanto felice, perché ritorno da te… Pescantina, era una fermata ferroviaria, ora fuori servizio, sulla linea Bolzano – Verona, comunemente nota come Stazione di Balconi. Pescantina è conosciuta perché, prospiciente la facciata esterna del fabbricato viaggiatori, sorge il Monumento agli ex internati, che commemora le tradotte che, tra il ’45 e il ’47, riportarono in Italia migliaia di internati militari, civili e lavoratori, sfuggiti alla morte nei lager.

Qui a fine giugno del 1945 il Comando Alleato e italiano istituirono un Nucleo di Assistenza e chiesero alla Croce Rossa Italiana infermieri per l’assistenza sanitaria e morale degli ex internati in transito. Ruolo fondamentale ebbe anche la Pontificia commissione di assistenza ai profughi (Pca) , costituita da monsignor Ferdinando Baldelli, su incarico di Pio XII, il 18 aprile 1944. Il campo di assistenza incominciò a funzionare dal 1º luglio 1945. Nel campo prestò aiuto un movimento volontario e gratuito in maggioranza femminile.

Dal campo transitò anche Primo Levi il 17 ottobre del 1945, come lui stesso racconta nell’ultimo capitolo del suo romanzo autobiografico La Tregua: “Il 17 di ottobre ci accolse il campo di Pescantina, presso Verona, e qui ci sciogliemmo, ognuno verso la sua sorte: ma solo alla sera del giorno seguente partì un treno in direzione di Torino.

Giovannino Guareschi, il papà di Don Camillo e Peppone, fu uno dei 600mila internati militari italiani. Per i tedeschi era il numero di matricola 6865. Catturato il 9 settembre 1943 ad Alessandria, liberato il 16 aprile dagli alleati, tornò in Italia quasi due anni dopo, il 4 settembre 1945. Era tenente di complemento di Artiglieria pesante campale. E proprio  Guareschi dichiarò di aver preso spunto per il suo personaggio Don Camillo da un frate benedettino che lavorava nel campo di assistenza a Pescantina, accogliendo i reduci dei lager.

Nel Centro di Assistenza Reduci si distribuivano viveri e vestiti agli ex lavoratori coatti e agli ex prigionieri dei campi di concentramento, che dopo una breve sosta proseguivano il loro viaggio. Per gli infermi erano a disposizione dei letti da ospedale. Un Ufficio Informazioni raccoglieva i dati su morti, dispersi e sulle condizioni di vita nei lager nazisti. Qui i familiari potevano chiedere informazioni sui dispersi. I comuni dell’Italia settentrionale inviarono a Bolzano autocarri per riportare a casa i sopravvissuti delle loro città. I nostri paesani tornarono con i mezzi più disparati ed alcuni ci misero decine di giorni per rientrare.

A Cinquefrondi i primi cinquanta arrivarono a fine estate del ‘45. I registri della Croce Rossa ne annotano generalità, grado, n° di internamento e lager di provenienza.

Di fatto, il rientro a casa degli Imi fu estremamente complicato e per la mancanza di un efficace coordinamento da parte dello stato italiano, migliaia di uomini si trovarono costretti ad organizzarsi da soli per tornare a casa.

Perfino una volta giunti in patria gli ex Imi non trovarono qualcuno che li accogliesse e alle volte, quando si presentarono ai distretti militari di appartenenza, furono addirittura costretti a rimettersi la divisa per concludere il periodo di leva.

In pochi presero sul serio la loro tragedia, interpretata nel migliore dei casi come sfortunato corollario della guerra, letta più spesso come evidente prova di vigliaccheria. Soltanto a quasi cinquanta anni dai fatti, si è aperto un serio percorso storico e politico che ha contribuito a non farne naufragare la memoria.

MILITARI RIENTRATI A CINQUEFRONDI DAI CAMPI DI PRIGIONIA DEI NAZISTI E ANCHE DEGLI ALLEATI

NOME NASCITA DATA RIMPATRIO N° INTERN. CAMPO INTERNAMENTO GRADO
BULZONI ANTONIO 5/10/1917 7 AGO. 45 07019 XII F SOLDATO
BARONE MICHELE 14/08/1921 26 LUG. 45 277120 LAGER IV B SOLDATO
TIGANI DOMENICO 20/03/1919 9 AGO. 45 11356 STALAG VI C SOLDATO
VALENZISI MICHELE 12/06/1918 20 LUG.45 48370 LAGER IX C SOLDATO
CARERA EMILIO 13/12/1922 29 LUG. 45 6153 LINZ 398 FANTE
AMATO MICHELE 22/02/1923 31 LUG. 45 6809 VI I FANTE
AUDDINO FRANCESCO 22/10/1921 31 LUG. 45 23872 IV D FANTE
CANDIDO MICHELE 07/10/1919 31 LUG. 45 16876 ELA 184 AVIERE SCELTO
BRUZZESE GIUSEPPE 13/12/1919 5 AGO. 45 208838 X B SANITA’
CANNATA’ PASQUALE 30/08/1923 25 AGO. 45 179101 X A SOLDATO
GUERRISI FRANCESCO 01/04/1913 26 AGO. 45 372 KASSEL SOLDATO
MEZZATESTA GIUSEPPE 01/01/1922 25 AGO. 45 —- VIENNA SOLDATO
MILITO GIUSEPPE 18/10/1921 31 AGO. 45 41989 117 C SOLDATO
CARLINO SILVIO 01/01/1923 17 AGO. 45 155112 X B AVIERE
CICCONE DOMENICO 14/09/1923 6 AGO. 45 190522 X B ARTIGLIERE
FANTE MILANO 31/03/1909 23 AGO.45 179406 X B FANTE
GUERRISI VINCENZO 02/10/1920 24 AGO. 45 179505 X B GENIO
GUERRISI VINCENZO 27/10/1916 10 SETT. 45 104942 VI C S.TENENTE
GUERRISI WILSON 15/12/1918 11 SETT. 45 20158 I A S.TENENTE
LONGO ANTONIO 01/11/1920 27 AGO. 45 175374 X B CAP.MAG
PETULLA GIROLAMO 11/01/1908 11 SETT. 45 85997 VI C FANTE
TIGANI SALVATORE 02/01/1919 20 SETT. 45 110704 XI A ARTIGLIERE
BORGESE DOMENICO 24/03/1911 28 AGO. 45 181079 X B FANTE
BOETI ANTONIO 16/08/1920 22 AGO. 45 21057 I A SANITA’
BURZESE DOMENICO 08/02/1922 09 AGO. 45 74760 VI J FANTE
BULZONI LUIGI 03/06/1921 23 AGO. 45 85996 VI J GENIO
BONO FRANCESCO 25/12/1922 5 SETT. 45 70065 VI J SOLDATO
GALLO ANGELO 15/01/1921 27 LUG. 45 83911 KASSEL SOLDATO
COSTA MICHELE 20/08/1920 5 SETT. 45 199733 HANNOVER SOLDATO
BARILLARO MICHELE 05/05/1916 14 SETT. 45 101243 KLINGENTAL SOLDATO
GALLUZZO ANGELO 09/10/1913 18 SETT. 45 121100 BERLINO CAPORALE
CIMINELLO MICHELE 13/12/1921 9  SETT. 45 36069 RONDORETTE SOLDATO
FRANCO ANGELO 23/08/1920 9  SETT. 45 48252 NIEDERSELDEN SOLDATO
PAOLO GIUSEPPE 23/05/1923 12  OTT. 45 155224 U.S.A. ARTIGLIERE
PANETTA FRANCESCO 22/10/1916 7 OTT. 45 310794 III B CAPORALE
DEPINO ANTONIO 31/08/1921 2 DIC. 45 —- FRANCIA SOLDATO
MISIANO RAFFAELE 17/09/1911 15  OTT. 45 353595 ORANO SOLDATO
PICCOLO ANGELO 09/01/1922 16 OTT. 45 301129 ALGERI SOLDATO
RASO ANGELO 19/09/1915 17 OTT. 45 81.1.365187 AFRICA SOLDATO
SERINA SALVATORE 03/04/1920 1 OTT. 45 37864 FRANCIA ARTIGLIERE
VALENZISI MICHELE 27/11/1919 1 OTT. 45 18634 ALYTE FANTE
MONTALTO ANGELO 02/01/1923 18 FEB. 45 689 XIII A SOLDATO
NASO ANTONIO 19/06/1918 20 LUG. 45 46624 SUSDAL 160 S.TEN
PETULLA FRANCESCO 09/05/1920 6 NOV.45 —– BELGRADO SOLDATO
CANDIDO GIUSEPPE 23/03/1918 28 GIU. 45 116321 INGHILTERRA 151 SOLDATO
BULZOMI GIUSEPPE 08/11/1918 5 OTT.45 —– LION SOLDATO
TROPEANI GIUSEPPE 07/12/1920 2 DIC. 45 —– FRANCIA CAP. MAG.
NAPOLI SALVATORE 06/12/1918 23 AGO. 45 151205 XVIII A SOLDATO
RASO ROCCO 13/09/1919 14 AGO. 45 53022 VI A CAP. MAG

 

Ovviamente ho trascritto i nomi così come sono riportati in un vecchio registro della Croce Rossa che riguarda proprio il 1945.

Finita la guerra, su questa immane tragedia calò un inspiegabile silenzio. Anche coloro che ritornarono  ne parlarono malvolentieri o non ne parlarono affatto. Ancora pesava la mistificazione fascista che li voleva dei disertori o peggio dei traditori, perché non avevano accettato di arruolarsi nei reparti tedeschi o nell’esercito della Repubblica fantoccio di Salò per combattere, si badi bene, non contro lo straniero, ma contro gli stessi italiani.

Infatti ci fu pure qualche comandante fascista che, quando vide, da lontano, quella che poteva sembrare un’uniforme americana, si calò velocemente le braghe e si vendette al miglior offerente. Così i veri traditori (ed alcuni avevano addirittura occupato i massimi livelli della gerarchia militare fascista e nazista) diventarono i lustrascarpe dei servizi segreti angloamericani e furono subito arruolati in un nuovo tipo di guerra, che produrrà comunque morti, stragi, terrore e durerà ancora per decenni: la Guerra Fredda.

Ci vorranno molti anni perché incominci a venir meno il tabù dell’internamento, soprattutto grazie alla pubblicazione di molta memorialistica che valorizza quella Resistenza Silenziosa.  Con legge del 27 dicembre 2006 n. 296 (Finanziaria 2007), la Repubblica italiana riconosce a titolo di risarcimento, soprattutto morale, il sacrificio dei propri cittadini deportati ed internati nei lager nazisti, destinati soprattutto al lavoro coatto per l’economia del Terzo Reich, e autorizza la concessione loro di una medaglia d’onore. All’ Internato Ignoto viene conferita la Medaglia d’Oro al Valore Militare. Meglio tardi che mai ?

Non è possibile copiare il contenuto di questa pagina.