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Addio a Concettina Franco, che si è spenta pochi giorni fa alla bella età di 90 anni. Fu una cinquefrondese energica e coraggiosa, forte come una quercia, nonostante le grandi tragedie che caratterizzarono la sua vita.

A Concettina la vita non ha risparmiato nulla, gioie ma soprattutto dolori. Era ancora una bambina quando il  padre partì per la guerra e sparì per sette lunghissimi anni, prigioniero in Libia. Sette anni senza il papà, senza sapere se era vivo o morto. Poi la liberazione, il ritorno a casa, le gravi ferite, l’uomo era rimasto senza denti, benchè giovanissimo, preda di tanti malanni. Ma durò poco la felicità di Concettina per il ritorno a casa del papà, perchè dopo poco tempo perse la mamma.

Erano tempi duri, durissimi, si faceva la fame e gli affetti erano l’unica cosa che davvero teneva in vita le famiglie e il mondo. Concettina crebbe in fretta nel carattere, nella personalità, da bambina che era divenne una donna forte, capace di vivere con dignità, senza mai scappare di fronte alle avversità.

Concettina Dieni con le figlie Caterina (a sx) e Carmela

Era ancora una ragazzina quando conobbe Ciccio Dieni, se ne innamorò. I due si sposarono nel 1952,  erano una coppia felice, vivevano con poco e si accontentavano di poco. Lei rimase subito incinta e lui dopo un paio di mesi fu chiamato al sevizio militare. Ma subito dopo il parto, miracolosamente Ciccio fu congedato e rispedito a casa. Lui faceva l’operaio a giornata, dove c’era da costruire qualcosa, manovale, operaio, un cantiere di qua, uno di là, Ciccio andava dove lo chiamavano; talvolta non lo chiamava nessuno, e soldi da portare a casa non ce n’erano. Lei andava a raccogliere olive (lo fece anche in gravidanza) perchè  a casa i soldi non bastavano mai con tanti figli da tirare su; e poi faceva la casalinga, c’era la cucina di cui occuparsi, le faccende di casa, la pulizia, la biancheria, e anche qualche figlio troppo esuberante da tenere d’occhio. Era lei che curava direttamente l’educazione dei ragazzi e diventava una marescialla se qualcosa non andava per il verso giusto; la sua dolcezza si trasformava in carattere di ferro, era orgogliosa della sua famiglia e ci teneva che crescesse come si deve e fosse rispettata.

Non se la passavano bene i Dieni economicamente, mai una festa, un viaggio, una vacanza. Concettina non andava neppure ai matrimoni ai quali la famiglia era invitata. Era discreta, non voleva sobbarcarsi spese inutili per vestiti nuovi o scarpe eleganti, e qualche volta discuteva con il marito, stufo di presenziare sempre da solo alle feste o cerimonie altrui. Eppure, nonostane le difficoltà, a casa Dieni non mancava niente, soprattutto non mancava l’allegria grazie anche a quel padre con la vociona da brontolone, che adorava i suoi ragazzi, a volte faceva la faccia da duro per rimproverarli, ma in realtà forse gli veniva da ridere, perchè lui era un buono di natura ed era difficile si arrabbiasse sul serio.

Concettina era stata una bella donna da giovane, e ancora in età avanzata conservava una sua speciale eleganza e uno sguardo di rara bellezza con quei suoi occhi scuri e profondi che ha trasmesso alle figlie Caterina e Carmela. Aveva una forte personalità e si faceva rispettare, una volta a momenti menava l’autista di uno scuolabus che aveva sgridato troppo bruscamente uno dei suoi bambini. Anche i vicini di casa in via Fenice la conoscevno bene e conoscevano pure le sue urla, quando servivano. Ma era capace anche di grandi sacrifici: una volta le mancavano pochi giorni al parto e si presentò a raccogliere le olive, perchè in casa servivano soldi. Il padrone del podere la riprese affettuosamente: “Concettina state a casa, che io non vi posso vedere così, ci manca che partorite in mezzo alle olivare, piuttosto i contributi all’Inps ve li pago lo stesso” le disse l’uomo. “A quei tempi -racconta Caterina- non c’erano i supermercati, andavamo a credito al negozio di alimentari, c’era la libretta e si segnavano gli acquisti fatti, poi quando mio padre aveva soldi saldava il conto, ma eravamo sempre in arretrato. Il minimo però non è mai mancato, ma quanta fatica; abbiamo fatto tutti una vita travagliata. mamma era sempre triste, anch’io andavo per olive, e poi l’aiutavo a casa”.

Ciccio Dieni

La vita di Concettina e della sua famiglia presto si fece durissima, sconvolta da due tragedie immani, di quelle che non si possono dimenticare, e poi dagli altri affanni che una famiglia numerosa si porta inevitabilmente dietro. La bella favola della sua storia d’amore con Ciccio Dieni subì il primo colpo nel 1970, per un figlio perso da ragazzo, Vincenzo si chiamava, era il penultimo dei suoi otto figli (gli altri sono Raffaele, Caterina, Tullio, Pino, Carmela, Antonio, Pierpaolo). Vincenzo era un ragazzino pieno di vita e di allegria che un brutto giorno cominciò a stare male, si sentiva debole, si stancava facilmente, perdeva l’appetito, quasi non si reggeva in piedi. Seguirono analisi e accertamenti in ospedale, leucemia dissero, poi un lungo calvario da un ospedale all’altro, anche al Bambin Gesù di Roma, specializzato nelle cure per i ragazzini.

Concettina fece per mesi su e giù con il treno per Roma, portava il suo bambino a fare visite e terapie pesanti, era fiduciosa, si aggrappava a tutte le speranze a cui una mamma può tenersi vedendo spegnersi la sua creatura. Una volta il piccolo restò ricoverato a Roma per sei mesi di fila, la famiglia Dieni si dissanguò economicamente, si sperava nelle nuove cure legate al trapianto di midollo. “Quando tornò a casa dopo quel lungo ricovero -racconta oggi sorridendo Caterina, la seconda degli otto figli di Concetta- mio fratello parlava più italiano che dialetto cincrundiso e noi scherzavamo su questo”.

La situazione precipitò la mattina del 20 febbraio 1970: Ciccio Dieni era a Gioia Tauro per arruolare l’ennesimo donatore di sangue per il suo bambino che aveva bisogno di trasfusioni, dico arruolare perchè a quel tempo non c’era l’Avis  e i donatori spesso si facevano pagare; a Cinquefrondi invece c’era Peppino Pronestì, l’ex dipendente comunale, che tante volte donò il sangue gratuitamente e generosamente per il piccolo Vincenzo Dieni.

La trasfusione del 20 febbraio comunque non servì, perchè mentre Ciccio era a Gioia in cerca del donatore, Vincenzino, di soli 5 anni, moriva all’ospedale di Reggio. Concettina era da sola con lui e svenne. Una signora, anche lei in ospedale con la figlia ricoverata, si prese cura di quella povera mamma cinquefrondese e poi l’accompagnò a casa. Quel giorno, racconta Caterina, si svolse una scena indimenticabile: “dato che mia mamma stava malissimo, la signora prese in braccio il piccolo Vincenzo e ce lo portò letteralmente a casa, lo teneva delicatamente con una dolcezza infinita, chi può dimenticare quella scena ?”.

Il piccolo Vincenzo Dieni morto nel 1970 all’età di 5 anni

Nessuna mamma dovrebbe veder morire il suo bambino, è una cosa inumana. Quell’evento cambiò completamene il corso dei giorni di Concettina: aveva altri sette figli, alcuni già più grandi, ma gli ultimi tre ancora piccoli. Era schiantata da quel dolore, ma doveva pensare anche a loro, doveva crescere pure loro, non poteva far mancare la sua forza e il suo coraggio. Così si rimboccò le maniche e riprese a tirare la carretta della sua grande famiglia pur attraversata da momenti di profonda tristezza e depressione, sempre con l’aiuto fidato di Caterina la figlia più grande, una ragazza straordinaria che fece a lungo da vice mamma per tutti i Dieni.

La tragedia di Vincenzo segnò profondamente Concettina, la intristì, per lei nulla fu più come prima, anche se si sforzava di non darlo a vedere, nell’anima quella ferita era sempre viva, anche se gli anni passavano. Si dice che il tempo cura tutte le ferite, ma non sempre è così, non lo fu in quel caso. La luce si spense in quegli occhi belli. Concettina parlava spesso del bambino e lo farà sempre, anche negli anni successivi, “diceva di sentirselo vicino la notte, come al tempo in cui se lo coccolava piena di premure” ricorda Caterina.

Ma la vita a volte sa essere crudele: non poteva sapere la povera donna che un destino terribile l’avrebbe messa di fronte a un’altra catastrofe nel giro di pochi anni, quando il suo amato Ciccio restò vittima di un incidente sul lavoro. A quel tempo, Ciccio Dieni lavorava al cantiere della Salcos che costruiva la superstrada Jonio-Tirreno. Dopo anni e anni di lavoro precario e di disoccupazione, quell’impiego fisso era diventato la grande occasione della sua vita, uno stipendio sicuro, un lavoro assicurato per tanto tempo, una serenità quasi insperata per una famiglia numerosa da tenere in piedi. Poi in un giorno di maggio del 1982 il disgraziato incidente: una scarica elettrica partita da un macchinario colpì il povero Ciccio durante i lavori al cantiere. Lo portarono d’urgenza all’ospedale di Polistena, con una vecchia 500. Quell’omone buono, e grande lavoratore, quell’innocente innamorato della sua donna e dei suoi figli vide svanire i suoi giorni terreni in una mattinata calda di primavera, aveva appena 49 anni (per conoscere la sua storia clicca qui https://www.cinquefrondineltempo.it/40-anni-fa-la-tragedia-di-francesco-dieni-al-cantiere-della-superstrada/ ).

Ciccio Dieni e Concettina Franco con il figlio Antonio

Quel 24 maggio 1982 doveva essere una giornata come le altre. Al mattino il saluto a moglie e figli e poi a piedi verso il cantiere lungo la fiumara. Il tempo di una passeggiata e una sigaretta. A quell’uomo piaceva lavorare, le sue manone ruvide e callose sapevano di lavoro e di fatica e il suo cuore era grande. Stravedeva per Concettina e lei stravedeva per lui, si erano conosciuti da ragazzini e non si erano più lasciati. Quel giorno terribile Concettina si trovava al mercato a fare un pò di spesa, subito si era sparsa in paese la voce di un incidente alla Salcos, lei tremò sapendo che Ciccio era lì come ogni giorno e le si gelò il sangue quando seppe che era proprio lui che avevano portato al pronto soccorso. Forse vi era giunto già morto, o forse no, ma poco importava, il suo Ciccio non c’era più.

Quella povera donna sprofondò nuovamente in un oceano di sofferenza, rivide gli spettri di quando aveva perso il suo piccolo Vincenzo. La sorte si accaniva ancora contro di lei e la sua famiglia. Inspiegabile, ingiusto. Ma siccome piove sempre sul bagnato, alla povera Concettina non furono risparmiate nemmeno altre sofferenze: la colpa dell’incidente mortale fu scaricata con sospetta rapidità addosso al povero marito, la ditta non offrì nemmeno una lira per pagare i funerali (e i Dieni non navigavano nell’oro), la stessa ditta mesi dopo pensò bene di chiudere  la vicenda con un piccolo risarcimento economico che quella famiglia, divenuta improvvisamente fragile e vulnerabile, indifesa di fronte a tanto dolore e a tanto cinismo, non potè nemmeno rifiutare.

Concettina Franco con il figlio Antonio

Ma Concettina era una donna di ferro, non si lasciò abbattere e riprese pian piano a vivere, smise definitivamente di sorridere, continuò a guidare la sua numerosa famiglia con mano ferma e si godette l’arrivo di una caterva di nipoti, quattro di loro portano il nome del suo adorato Ciccio, ma certo quella ferita non poteva più rimarginarsi, anzi si aggravò, le cambiò per sempre il carattere, la fece diventare più schiva e riservata e pensierosa di quanto fosse stata da giovane, quasi volesse ritirarsi pian piano dalla vita pubblica. Prese a uscire sempre meno di casa, a fare vita molto ritirata, praticamente stava solo in famiglia, con il cuore gonfio di nostalgia per quel bambino andato via in quel modo e quel marito adorato perso troppo presto, due pesi troppo grandi da portare.

Accudita dalle figlie Caterina e Carmela che l’hanno accompagnata nel tempo della vecchiaia, Concettina negli ultimi anni ha cominciato quasi a lasciarsi andare, il diabete, la pressione alta e altri malanni non la spaventavano, quasi non se ne curava, perchè la sua testa era altrove. E’ impossibile sapere cosa accade nell’animo di una persona anziana che porta nel cuore macigni di dolore tanto grandi e nel fisico gli acciacchi della vecchiaia.

Concettina Franco con uno dei tanti nipoti, figlio di Caterina

La vecchia solida quercia, la donna guerriera e battagliera che si ritrovò a fare da padre e madre per una nutrita schiera di figli, che combattè con il mondo intero per proteggerli e farli crescere bene, ecco quella quercia di nome Concettina Franco alla fine ha ceduto. Così se n’è andata in cielo a ritrovare il suo piccolo Vincenzo e il suo adorato Ciccio, contenta di sapere che, nonostante le avversità, i sacrifici e le sofferenze patite, tutti i suoi ragazzi sono cresciuti bene come lei desiderava e si sono affermati nella vita e nel lavoro. Il suo amore è stato più grande della sofferenza, la sua anima fu piegata e offesa dagli eventi ma mai spezzata.

 

 

 

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