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Ben 65 corone di fiori, le condoglianze del Papa, la presenza di una grande folla. Furono funerali da leggenda quelli di Francesco Della Scala, come leggendaria fu la sua quarantennale carriera di politico che lo vide protagonista come assessore comunale, Sindaco, Consigliere Provinciale e infine Podestà di Cinquefrondi negli ultimi anni della sua vita.
Sono trascorsi esattamente 90 anni fa dal giorno in cui morì uno degli uomini più decisivi della storia moderna di Cinquefrondi, colui che per il nostro paese ha fatto cose inarrivabili, tanto più se si pensa che a quel tempo circolavano pochissimi soldi. Il mitologico don Ciccio esalò il suo ultimo respiro alle 0:50 di mercoledì 5 luglio 1933. L’ex Podestà aveva 65 anni, era nato infatti il 31 dicembre del 1868 nella casa di famiglia nel Corso, e lì era sempre vissuto anche dopo il suo matrimonio con Maria Rosa Guerrisi. Don Ciccio non lasciò mai quella casa, nemmeno negli anni ruggenti del suo impegno politico a livello provinciale e durante le sue lunghe trasferte romane.
Il creatore della Cinquefrondi moderna (a lui si devono la realizzazione di Villa, Asilo, Municipio, Scuola elementare, Pretura, Torretta, Carcere, Caserma dei carabinieri, Stazione ferroviaria, Acquedotto, tutte opere in gran parte ancora oggi esistenti) era ricoverato da circa un mese in una clinica a Roma, ma il male che l’aveva colpito, forse un tumore ai polmoni, non gli diede scampo.
L’annuncio funebre in paese fu dato quel giorno stesso con un manifesto affisso poco dopo mezzogiorno, in esso si leggeva:
Le famiglie DELLA SCALA E MORICCA profondamente costernate partecipano alla popolazione la morte del loro amato congiunto Comm. Francesco avvenuta in Roma alle ore 0.50 di questa notte, e ringraziano di cuore tutti coloro che hanno seguito con affettuosa premura le fasi della inesorabile malattia.
Cinquefrondi 5 luglio 1933
Nelle stesse ore fu affisso il manifesto del Comune:
MUNICIPIO DI CINQUEFRONDI
Cittadini! Adempio il triste compito di portare a vostra conoscenza che alle ore 0.50 di stamane, nella Clinica S. Elisabetta in Roma è deceduto il Comm. Della Scala Francesco fu Vincenzo, NOSTRO ILLUSTRE PODESTÀ. La inaspettata notizia, come ha angosciato me, scuoterà l’animo di voi tutti, poiché, con lo scomparso, il paese perde il suo Primo Magistrato, lustro e decoro della famiglia, ma più ancora lustro e vanto del paese nostro.
Sicuro d’interpretare il vostro unanime sentimento, ho reclamato anche a vostro nome la salma, perché voi possiate tributare all’illustre Estinto, che tutto diede per l’incremento del paese, fino all’estremo anelito di sua vita, degne e solenni onoranze.
Dal Palazzo Municipale, lì 5 luglio 1933.
Il Vice Podestà Francesco Pasquale
I funerali di Della Scala si svolsero a Roma venerdì 7 luglio nella parrocchia di San Vito in via Carlo Alberto. Al termine della funzione religiosa e prima di congedare i presenti, l’uomo fu ricordato da Domenico Romano, direttore generale dei servizi speciali al Ministero dei lavori pubblici e poi dall’avv. Nicola Russo, calabrese e amico dello scomparso.
A Cinquefrondi la cerimonia funebre si tenne il 9 luglio, a un orario singolare, le 8.30 del mattino. Bisogna considerare che don Ciccio era morto ben 4 giorni prima, a quel tempo non c’erano le celle frigorifere e la temperatura estiva consigliò di procedere prima possibile con la sepoltura.
I funerali di Della Scala a Cinquefrondi furono un evento memorabile. Vi partecipò una grande folla. Un corteo si formò all’inizio del paese, al ponte della ferrovia. Lì infatti si fermò la carrozza che trasportava la salma, giunta da Roma in treno fino a Rosarno. E lì l’aspettavano i cinquefrondesi.
Accompagnata dalle marce funebri eseguite dalla Banda diretta dal maestro Carlo Creazzo, la bara fu portata a spalla lungo le due principali vie del paese, via Veneto e il Corso, fino alla chiesa del Carmine, dove si tenne la cerimonia religiosa.
Al termine il corteo si diresse al Municipio, per un ultimo saluto all’istituzione che Della Scala aveva servito per decenni. La bara, quindi, collocata su un carro funebre trascinato da 4 cavalli, prese lentamente la via del cimitero, preceduta da ben 65 corone di fiori mandate da privati cittadini e istituzioni varie, anche dei paesi vicini.
Una volta giunto di fronte alla villa comunale, il corteo si fermò davanti alla scalinata d’ingresso, per ascoltare il discorso di commemorazione e saluto da parte di Michele Galatà, assistente del prefetto di Reggio Calabria. Poi prese la parola l’avvocato Francesco Pasquale, il vice Podestà, che qualche giorno dopo avrebbe preso il posto proprio di Della Scala alla guida di Cinquefrondi. In omaggio al defunto e alla sua militanza politica, i due oratori indossarono la camicia nera.
Per le vie del paese in quei giorni furono affissi tanti manifesti di cordoglio, fra i primi quello firmato da Garibaldi Creazzo, che a quel tempo era il Fiduciario del sindacato fascista degli artigiani cinquefrondesi:
OPERAI.
IL NOSTRO PODESTÀ È MORTO!
GRAVE È LA SVENTURA CHE COLPISCE OGGI IL PAESE!
MANIFESTIAMO IL NOSTRO INTENSO DOLORE, ED APPRESSIAMOCI
A COMPIERE IL DOVEROSO TRIBUTO DI ONORANZE.
CINQUEFRONDI 7 LUGLIO 1933.
PER I SINDACATI ARTIGIANI IL FIDUCIARIO GARIBALDI CREAZZO
Il padre di Garibaldi, cioè Pasquale Creazzo, poeta e noto attivista comunista, nonché amico della famiglia del defunto, invece inviò un personale messaggio di cordoglio: di don Pasquale tutto si può dire, tranne che avesse simpatie per il fascismo, però stimava Della Scala e lo onorò nel giorno della scomparsa.
Un telegramma alla famiglia mandò anche il maestro musicista Carlo Creazzo (fratello di Pasquale), che invece di Della Scala era stato amico e sostenitore, nonché collaboratore in molte iniziative pubbliche.
ASSOCIAZIONE NAZ. COMBATTENTI SEZIONE DI CINQUEFRONDI.
COMBATTENTI, FRANCESCO DELLA SCALA BENEMERITO PODESTÀ DI CIN-QUEFRONDI NON È PIÙ!
QUAL QUERCIA SCHIANTATA DA IMMANE PROCELLA EGLI CADDE INESORABIL-MENTE NELLA CITTÀ DEI FORTI COL SORRISO RIVOLTO ALLA PATRIA, CON L’ANIMO PROTESO VERSO DIO ED I SUOI CARI, COL PENSIERO CONTINUAMENTE DEDICATO AL SUO PAESE NATIO, AL SUO POPOLO.
ABBRUNIAMO IL NOSTRO VESSILLO E SALUTIAMO L’ILLUSTRE FIGLIO DI QUESTA TERRA. EGLI PASSA LASCIANDO OVUNQUE L’IMPRONTA DELLA SUA OPEROSITÀ, EGLI INCEDE MAESTOSO, SODDISFATTO DEL DOVERE COMPIUTO AL SERVIZIO DEL SUO PAESE E DELLA NAZIONE, EGLI SI AVVIA VERSO L’ETERNA DIMORA PORTANDO VIVA L’IMMAGINE DI QUESTA CITTA-DINA RICCA DI OPERE, SEGUITO DALLE LAGRIME E DAL DOLORE DI UN PO-POLO RICONOSCENTE.
CINQUEFRONDI, LÌ 6 LUGLIO (XI).
IL SEGRETARIO G. LONGO – IL PRESIDENTE RAFFAELE MISITI
Telegrammi di condoglianze alla famiglia giunsero da ogni parte d’Italia, fra essi addirittura anche quello di Papa Benedetto XV (spedito a firma di Eugenio Pacelli, all’epoca Segretario di stato e futuro Papa Pio XII), un fatto assolutamente inusuale oggi, figuriamoci 90 anni fa, quando la figura del Papa era assai più ‘irraggiungibile’ di adesso, e quando le telecomunicazioni erano praticamente inesistenti. Ma ciò la dice lunga sul carisma e le relazioni di stima che Della Scala aveva saputo creare attorno a sé ben oltre i confini di Cinquefrondi e della Calabria.
«Santo Padre concede di cuore Grand’Uff. Francesco Della Scala implorata apostolica benedizione auspicio grandi conforti celesti», scrisse nel suo messaggio il card. Pacelli a nome di Papa Benedetto XV. Mai prima di allora, e mai dopo, un Papa ha inviato un telegramma di cordoglio alla famiglia di un cinquefrondese defunto.
Telegrammi di condoglianze giunsero anche dall’allora vicecapo della Polizia Carmine Senise, da numerosi deputati e senatori, direttori generali e alti funzionari dei ministeri. Non sono stati trovati, per quanto se ne sa, messaggi ufficiali dalla sede nazionale del Partito fascista o dai leader nazionali o regionali del partito. Fatto abbastanza insolito, considerate le circostanze. È molto probabile, dunque, che siano andati persi.
Altro fatto singolare, probabilmente dovuto alla tradizione e agli usi del tempo: moltissimi cinquefrondesi manifestarono il loro cordoglio mediante un telegramma. Ne arrivarono una valanga. La singolarità consiste nel fatto che a quell’epoca l’ufficio postale di Cinquefrondi si trovava nel Corso, a pochi metri dall’abitazione del defunto. Immaginiamo dunque i concittadini che magari passavano davanti all’ingresso di casa Della Scala (il fabbricato dove per decenni c’è poi stato il negozio di alimentari di Italo Fidale) per andare all’ufficio postale, sito appena 20 metri più avanti !.
A un mese dalla sua scomparsa, don Ciccio fu ricordato durante una cerimonia che si svolse nella sede del Circolo Unione di cui lo stesso defunto sindaco faceva parte, il Circolo era un ritrovo abituale soprattutto dei notabili del paese, che si fermavano la sera a chiacchierare e giocate a carte. L’orazione principale fu affidata al giovane medico Michele Galluzzo, il quale raccontò, anzi fece una specie di introspezione psicologica della personalità del suo amico Podestà, cogliendone pregi e difetti, vizi e virtù con parole degne di un poema epico e di un patologo dell’anima.
Nel 1934 il Podestà di Cinquefrondi venne ricordato solennemente in una cerimonia pubblica dal giornalista e autore polistenese Arturo Borgese, con una commemorazione il cui testo fu poi anche pubblicato. L’orazione di Borgese è molto bella e ricca, e anche abbastanza lunga da proporre qui per intero. Per chi fosse interessato, gli interventi di commemorazione e il testo di molti telegrammi ricevuti dalla famiglia, e molte altre notizie sull’evento, sono raccolti nel libro ‘Francesco Della Scala e altre storie dimenticate di Cinquefrondi‘.
L’ex Podestà fu sepolto nel cimitero di Cinquefrondi, nella cappella di famiglia, ma nel gennaio 1946 le sue spoglie furono trasferite al Cimitero Monumentale del Verano a Roma, per decisione del figlio Vincenzo, che è sempre vissuto (e morto) nella capitale. Sul perché Vincenzo abbia deciso di portare nel cimitero romano i resti dei genitori, non ci sono notizie certe, e si possono fare solo supposizioni, mettendo insieme voci molto verosimili ma prive di riscontri: a prima vista forse fu per un semplice motivo affettivo e di vicinanza geografica tra i familiari ancora in vita e i loro cari defunti; i figli dell’ex sindaco infatti si erano trasferiti da tempo a Roma, dove hanno poi condotto tutta la loro esistenza, senza mai più mettere piede a Cinquefrondi.
Fra i vecchi del paese qualcuno sussurra che la decisione di spostare la salma fu presa invece dopo una serie di atti di criminalità e estorsione ai danni della famiglia. Tanto bastò per far dire addio al paese natio e alla sua gente, e sottrarre loro anche la traccia funebre dell’illustre genitore, che tanto aveva fatto per modernizzare e sviluppare quella cittadina tanto amata.
Altri ancora sostengono infine che l’iniziativa del trasferimento nacque nei familiari dopo aver constatato, con dispiacere, che il paese per troppi anni non aveva ritenuto di onorare adeguatamente la memoria dell’uomo che tanto aveva fatto per Cinquefrondi, e anzi sembrava averlo completamente dimenticato.
L’ex sindaco e Podestà di Cinquefrondi riposa dunque al cimitero monumentale del Verano a Roma, assieme ai suoi familiari, in una tomba senza lapide e senza foto, coperta da una grande lastra di pietra grigia, e la semplice scritta Fam. Della Scala .
(foto Archivio Storico Tropeano)
Un plauso a Francesco Gerace che ha offerto ai visitatori del sito lo spunto per riflettere sul ricordo del 90esimo anniversario della morte di Francesco Della Scala, uomo politico e podestà del nostro paese sino al 1933, anno della sua morte. Erano necessari diversi elementi per giungere a un lavoro documentato qual è stato quello di Francesco Gerace: curiosità storica, competenza giornalistica, amore per il paese natìo, ma sopratutto onestà intellettuale,amore per la verità e libertà del pensiero. Sono elementi che originano da valori, da princìpi. Fu l’assenza di alcuni fra questi elementi che dai successori di Della Scala alla guida di Cinquefrondi fu preferito il velo dell’oblìo – quando non dell’indifferenza e del silenzio – verso l’uomo e il protagonista politico Della Scala. Eppure, le tracce delle opere compiute erano vive, l’intensità del sentimento di amore verso il paese fino agli ultimi giorni di vita era conosciuta, la totale assenza di qualsiasi sospetto a suo carico era inconfutabile. V’è di più: Egli visse, agì e morì ancor prima delle guerre – quella coloniale e quella mondiale- e ciò eluderebbe da sè il motivo di discriminazione, di rimozione nei suoi confronti. Della Scala fu l’uomo e il politico che unì tutti i cinquefrondesi, li fece sentire fieri del proprio paese e del proprio “capo politico”. Attraverso le opere e la cura di esse egli modernizzò Cinquefrondi. Qualche prevenuto storcerà il muso a leggere questo verbo: MODERNIZZARE e dirà : Cinquefrondi moderna nel 1930? Ma va…
Ebbene sì, la comparazione, il raffronto non vanno fatti con Cinquefrondi del 1960, ma con Cinquefrondi del 1914, prima dello scoppio della prima guerra mondiale. Il confronto si fa col passato, non con il futuro e col senno di poi. E tale parametro non vale solo per Cinquefrondi, ma per tutti gli ottomila Comuni della penisola. Chi eravamo a Cinquefrondi nel 1914 e chi eravamo appena quasi vent’anni dopo, nel 1933. Con i mezzi dell’epoca, con le risorse dell’epoca furono battuti tutti i record possibili nell’esecuzione e nella qualità dei lavori. E il merito era esteso-pubblicamente- ai tecnici, alle maestranze, agli operai. Fummo tratti dall’isolamento che il terremoto del 1908 e la 1^ guerra mondiale avevano enormemente accentuato e in quegli anni a Cinquefrondi, con Della Scala ispiratore,si fece di più di quanto era stato fatto dall’Unità d’Italia in poi. Eppure Egli, a guerra finita, fu coperto dall’oblìo; la “damnatio memoriae”, opera della menzogna, ha voluto rimuovere il ricordo della sua figura.
Quanto invece avvenuto in altro posto della Calabria viene in conforto del sentimento di gratitudine e degli atti che lo suggellano. A Cosenza sino al 1934 fu podestà Tommaso Arnoni (1877-1950), uomo di alto spessore politico e morale. Queste alcune delle opere ideate, programmate e, nel tempo, fatte eseguire nella sua città: le sedi del Municipio, di Camera di Commercio, INPS, INAIL, Ufficio postale, Stazione Ferrovie dello Stato, Istituto Magistrale Statale, Palazzo degli Uffici, Banco di Napoli, Banca Popolare Cosentina, Villa Valentini, un nuovo rione, l’acquedotto Marrone. Quando Arnoni morì, nel 1950, Cosenza tutta partecipò alle esequie. Nonostante le divisioni ideologiche, a Cosenza, gli uomini di pensiero, i politici locali di alto livello, suoi avversari, cui fa reso onore per il gesto compiuto, intestarono la via che porta all’acquedotto Marrone a Tommaso Arnoni.
Nell’Ospedale Civile di Cosenza credo ci sia ancora un suo busto bronzeo. Per Francesco Della Scala, oltre l’edificio delle Scuole elementari- opera che nessun paese della provincia poteva vantare- solo il silenzio. Alla sua memoria vada il saluto deferente di chi, da uomo libero, è fiero di ricordarlo. Chi lo ha ignorato è sempre in tempo per riflettere.
Grazie Mimì per queste parole, troppo buone nei miei confronti. Io ho semplicemente fatto il mio lavoro di giornalista.
Mi è pervenuta una precisazione che accolgo e quindi correggo quanto ho scritto sopra:
a ricordare Tommaso Arnoni nell’Ospedale Civile dell’Annunziata a Cosenza non è un busto bronzeo, ma una lapide
marmorea. L’acquedotto in fondo alla via a lui intestata si chiama Merone e non Marrone.
Grazie a chi me lo ha segnalato.