Questa notizia è stata letta 179 volte

Galeotta fu l’Odissea, sceneggiato tv degli anni ’70. Con quel film a puntate la Rai fece il botto. Milioni di  italiani si appassionarono alle vicende di Ulisse e Penelope, folgorati da quella storia così bella e anche così ben raccontata sullo schermo. C’era pure Giuseppe Ungaretti, chiamato a presentare ogni puntata, il grande poeta già anziano, con la voce rauca e i capelli bianchissimi sembrava anch’egli un antico personaggio di Omero.

La bellissima e paziente Penelope, lo scalpitante e ingenuo Telemaco, e poi Circe, Nausica, i Proci, Polifemo, i principi ribelli e traditori, il servitore fedele: tutto di quella storia antica raccontata dalla tv apriva varchi incredibili nella fantasia e nella curiosità di tanti ragazzi italiani, stregati dalla forza dell’avventura, della passione, del coraggio di quegli uomini alle prese con vicende troppo grandi per la loro comprensione. 

Uno di quei ragazzi, figlio di cinquefrondesi, fu davvero molto colpito da quel film. E quando cominciò a pensare al suo futuro pensò di partire proprio dall’Odissea, incamminandosi su una strada che, non poteva certo immaginare, un giorno l’avrebbe portato in alto nel mondo della cultura, delle lettere e della comunicazione, fino a diventare oggi uno degli scrittori e saggisti di maggior successo in Italia.    

Quel ragazzo di allora si chiama Giorgio Ieranò, vive a Trento dove lavora come professore universitario di letteratura greca, ed ha pubblicato una quarantina di libri con le più importanti case editrici italiane, vendendo valanghe di copie. Per non farsi mancare niente, si occupa anche di traduzioni e adattamenti teatrali di classici greci, e dirige un Centro di ricerca sul teatro antico. Nel tempo libero gira l’Italia per presentare le sue opere e partecipare a convegni su temi e vicende dell’antica Grecia.



In gioventù ha lavorato per una decina d’anni come giornalista, al Resto del Carlino, al Giorno e al Corriere della sera. Poi ha deciso di dedicarsi all’insegnamento, ha fondato un  Centro di ricerca all’Università di Trento e si è dedicato a una produzione giornalistica notevole, per 25 anni collaboratore di Panorama, attualmente firma dell’inserto Tuttolibri della Stampa. Ma le sue energie maggiori sono dedicate ai libri, ne sforna di continuo, praticamente uno o due all’anno, per la gioia di editori (Einaudi, Laterza, Feltrinelli, Sonzogno, Marsilio per citarne solo alcuni) che sanno di andare incontro a grandi vendite. Per dare un’dea del suo successo, basti dire che pochi autori in Italia superano la vendita di 500 copie per titolo, i libri di Ieranò viaggiano nell’ordine delle migliaia.


La sua scrittura è assai piacevole, parla di cose antiche e a volte contorte e poco note a chi non ha studiato l’antica Grecia, ma lo fa con grande facilità e leggerezza. Anche chi non ha dimestichezza con le vicende degli antichi dei e della mitologia greca trova appassionanti i suoi scritti, che si leggono tutti d’un fiato: Ulisse e Achille, Penelope e Zeus, e tutti gli altri personaggi dell’Olimpo vengono ‘umanizzati’ e raccontati come fossero nostri vicini di casa.  

A sua firma uscì nel 2018 anche ‘Arcipelago’ uno spettacolare diario di viaggio (‘isolario’) che racconta ognuna delle tantissime piccole isole della Grecia, con storie, leggende e favole, note di cronaca vecchia e nuova, curiosità varie e insolite. Fu un successone. 


Un paio d’anni fa il suo ‘Le parole della nostra storia’ fu a lungo nella classifica dei libri più venduti in Italia. Io stesso ne regalai una copia a mio figlio, all’epoca studente di lettere classiche. Un libro nel quale Ieranò segue il percorso che ha portato tante parole dell’antico greco fino a noi, e spiega come hanno fatto a  radicarsi nel nostro mondo moderno, magari cambiando anche significato. Un lavoro importante e perfino divertente, scritto come un romanzo.

Tanti, troppi, sono i libri di questo autore per poterli qui indicare tutti. Di alcuni però proponiamo almeno le copertine. 


Ma chi è esattamente Giorgio Ieranò ? è nato a Milano, ma i suoi genitori sono di Cinquefrondi, come lo erano i suoi nonni e bisnonni, e come lo sono una discreta quantità di zie e cugini che ancora vivono nel nostro paese con i cognomi Ieranò, Carlino, Zangari e altri.  


Questo professore scrittore è tanto amato e richiesto dal grande pubblico per le cose che scrive, ma di lui si sa poco o niente, il suo privato è nascosto, e perfino a Cinquefrondi nessuno o quasi sa della sua esistenza, a parte i familiari. Ieranò non ha la smania di apparire qua e là; sul web -per dire- di lui girano pochissime foto, tutte simili, più che altro usate dagli editori che vendono online i suoi libri. L’uomo è talmente schivo che la sua biografia non compare nemmeno su Wikipedia che notoriamente non nega i suoi spazi a nessuno, e anche sui social il professore è introvabile, semprechè non sia invece presente con qualche pseudonimo. 


Ho scoperto della sua esistenza per caso, nonostante le nostre vite abbiano incredibilmente alcuni tratti comuni: i nostri padri erano infatti coetanei e furono amici da ragazzi, il suo si chiamava Agostino, il mio Filippo e insieme con Silvio Carlino (peraltro futuro cognato di Agostino) erano un terzetto  di aolescenti molto affiatato, che trascorreva tanto tempo insieme. Inoltre, con Giorgio siamo coetanei e per una decina d’anni siamo stati anche colleghi, ma le nostre strade non si sono mai incrociate, perché lui lavorava a Milano al Corriere della sera, io invece all’Ansa di Roma. 


Ho saputo di lui un paio di mesi fa, quando per le vie di Roma ho visto sulle fiancate dei bus la pubblicità di un libro intitolato ‘Elena e Penelope’, venduto assieme al secondo più importante giornale italiano, la Repubblica. 

La campagna è durata alcune settimane, ma è stata davvero martellante e quel nome Giorgio Ieranò, scritto bello grande sui bus della capitale, per pubblicizzare quel lavoro dedicato all’infedeltà e al matrimonio, alla fine mi ha fatto venire più di un interrogativo, perchè in fondo Ieranò è un cognome calabrese, a Cinquefrondi ci sono tante famiglie che si chiamano così. Niente niente che questo Ieranò è uno di noi…? 

Eppure non avevo mai sentito di lui. E’ vero che a Cinquefrondi i talenti con origini locali passano allegramente inosservati, il nostro paese ha ancora oggi una tradizione, diciamo così, banalmente ‘esterofila’ che continua a ignorare fior di autori cittadini. Poi  mi è venuto casualmente in aiuto un post sui social di Claudia Carlino, cugina di Giorgio. E tutto è diventato più chiaro. 

Eccoci qua ora a cercare di saperne di più su questo autore figlio di cinquefrondesi che da anni riscuote un incredibile successo con i suoi libri (peraltro ripubblicati in più edizioni)  e del quale la nostra cittadina può andare certamente orgogliosa. 

Di seguito l’intervista rilasciata dallo scrittore nei giorni scorsi. 


 

Prof. Giorgio Ieranò, si presenti: ci dica di lei, dei suoi genitori, della sua famiglia…

Sono nato nel 1961, a Milano, dove i miei genitori, entrambi di Cinquefrondi, sono emigrati molto presto, subito dopo la guerra. Mio padre, Agostino, classe 1924, primo di nove fratelli, era medico. Ricordo la casa di mio nonno Luigi, in via Roma, dove mio padre era cresciuto. Di due miei prozii, morti nella Prima guerra mondiale, vedevo da bambino i nomi incisi sul monumento ai caduti. Ho ritrovato anche il testo dell’orazione pronunciata dal poeta Pasquale Creazzo nel 1928 per i funerali del mio bisnonno, che si chiamava anche lui Agostino. Esordiva affermando che “la famiglia Ieranò da tempi immemorabili risiede in Cinquefrondi”. Immagino, quindi, che sia così. Peraltro, Creazzo ricordava anche che i membri della famiglia Ieranò, “fin dagli antichi avi” avevano sempre “esercitato il lucroso e non facile mestiere di giardinieri ed ortolani”. Insomma, una stirpe antica e solida di contadini. Anche se mi fa un pò sorridere leggere che, sempre secondo Creazzo, la famiglia Ieranò era considerata “la famiglia dei giovani seri, perché tutti i membri di essa sin fa giovanottini avevano la serietà dei vecchi”. A dire il vero, non sono proprio sicuro che in famiglia siamo stati tutti sempre così seri. Ma immagino che certe esagerazioni appartengano al genere dell’orazione funebre. Comunque, era cinquefrondese anche mia madre, che si chiamava Angela Zangari: aveva studiato farmacia a Messina (credo, ma non vorrei sbagliare, che sia stata una delle prime, se non addirittura la prima donna laureata di Cinquefrondi), anche se poi a Milano si è dedicata a fare l’insegnante. 


Ha ancora familiari a Cinquefrondi ?  ci veniva spesso da ragazzo ?

Ho passato tutte le mie estati, da bambino e adolescente, tra Cinquefrondi e Polistena. Ho ancora zie, cugine e cugini che abitano in entrambi i paesi. 


                                                                 Il prof. Giorgio Ieranò




Perché ha scelto di dedicarsi agli studi dell’antichità ?

Una passione nata da bambino, quando guardavo in televisione, alla fine degli anni Sessanta, lo sceneggiato Rai dedicato all’Odissea, con l’introduzione di Giuseppe Ungaretti.

Ci parli della sua carriera accademica: dove è cominciata ? come è proseguita ? che cosa fa attualmente ?

L’università non è stato un approdo immediato. Prima, per una decina di anni, ho lavorato come giornalista. Poi ho deciso di cambiare: dopo il dottorato a Milano ho vinto un posto da ricercatore all’Università di Trento, dove da poco avevano aperto una Facoltà di Lettere, che si affiancava a quella storica di Sociologia. Oggi sono professore ordinario di Letteratura greca a Trento, dove ho fondato un centro di ricerca che si occupa del teatro antico e della sua ricezione attraverso i secoli.


Sul web non c’è una sua biografia (nemmeno su wikipedia) ma ho scoperto che molti libri portano la sua firma. Quanti ne ha scritti esattamente ?

Quanti libri ho scritto non me lo ricordo neppure io. Comunque ne ho scritti vari e di vario genere: sia strettamente accademici, sia narrativi, sia saggistici. Il primo libro è stato uno studio specialistico sulla poesia corale greca, pubblicato nel 1997 in una collana diretta da un grandissimo grecista, Bruno Gentili. Poi, a partire dal 2011, ho iniziato a dedicarmi più sistematicamente a un’attività di saggista, rivolta non solo agli specialisti ma anche a un pubblico più vasto, con una serie di racconti mitologici che hanno avuto discreta fortuna e sono stati ristampati più volte nei tascabili Feltrinelli. Ho scritto qualche altro volume per gli editori Einaudi e Laterza. Per Laterza ho curato anche un manuale di storia antica per le scuole superiori: una sfida interessante, perché raccontare la storia a ragazzi di 14/15 anni non è facile. 


A quale libro è più affezionato ? e perché ?

Al libro meno fortunato: si intitola Il ventennio conformista. Tic, luoghi comuni e mode culturali degli italiani (1992-2012), pubblicato da un piccolo ma raffinato e coltissimo editore, la Salerno editrice, nel 2012. Penso l’abbiano letto in pochi (anche se era stato selezionato per il Premio Viareggio). Rileggendolo oggi mi pare comunque una descrizione abbastanza precisa del clima culturale italiano a cavallo di due secoli, con osservazioni che oserei definire persino profetiche. Per esempio, indicavo come figure esemplari di un nuovo conformismo capace di catalizzare un vasto consenso due personalità allora ancora abbastanza defilate: un giovane sindaco di Firenze, Matteo Renzi, e un magnate e intrattenitore televisivo, Donald Trump. Si sa com’è andata a finire: di lì a poco uno è diventato primo ministro in Italia, l’altro presidente degli Stati Uniti. 


Quale libro ha venduto di più ?

A parte quello appena citato, sono andati tutti piuttosto bene. Sono molto contento in particolare della risposta dei lettori a un libro che si intitola Arcipelago, pubblicato da Einaudi nel 2018 e che ora (maggio 2022) esce in una nuova edizione tascabile. Contento perché è un libro che parla delle isole greche da una prospettiva che cerca di essere diversa rispetto ai soliti stereotipi turistici e classicistici (il sole e il mare, i templi e gli dèi) e sono stato felicemente sorpreso di trovare tantissimi lettori che hanno condiviso la mia prospettiva e lo hanno apprezzato.

Come nascono i suoi libri ?

In genere da un mio percorso di ricerca o da una mia curiosità, ma a volte anche da una proposta dell’editore. Purtroppo, di recente, i libri sul mondo greco e l’antichità classica hanno avuto molto successo e gli editori cercano di sfornarne il più possibile. Con risultati non sempre felici. 


Perché piacciono tanto le storie che racconta ?

Perché la Grecia antica ci ha lasciato un patrimonio di storie senza confronti. Basta mettersi in ascolto e cercare di farle arrivare con immediatezza al pubblico di oggi. Facendo capire quanto quel mondo era diverso e distante dal nostro ma, al tempo stesso, cercando di restituirlo nella sua vitalità, nei suoi conflitti e nelle sue contraddizioni. 


Per quali giornali scrive attualmente o ha scritto in passato ?

Ho cominciato a lavorare come giornalista nel 1988, facendo il cronista per giornali locali, come il Resto del Carlino. Mi occupavo un po’ di tutto: cronaca bianca, nera e giudiziaria. Ho continuato a fare il cronista a Milano collaborando con le pagine milanesi del Corriere della Sera e poi lavorando molto brevemente come redattore al Giorno di Milano. Intanto scrivevo per una serie di settimanali per lo più scomparsi, come Il Mondo e L’Europeo. Ho iniziato a occuparmi con varie inchieste in particolare del problema del traffico clandestino di opere d’arte, problema che mi interessava anche perché all’epoca era molto meno sentito di oggi. Poi ho fatto il redattore delle pagine culturali di Panorama, settimanale con il quale ho continuato a collaborare per un quarto di secolo fino a pochi anni fa. Oggi scrivo per Tuttolibri della Stampa


L’antica Grecia e i suoi personaggi hanno davvero qualcosa da dire al nostro tempo ? C’è qualcosa che accomuna l’oggi all’antichità ?

Credo i greci abbiano sempre detto tantissime cose, e spesso diverse tra loro, agli uomini di ogni epoca. Non c’è un periodo della storia umana che abbia fatto a meno dei miti e della poesia greca. Persino nel Medioevo latino, quando magari non si leggevano i testi nella lingua originale, ci si avvicinava comunque all’antica Grecia tramite Ovidio o Virgilio. Per cui Minosse e Ulisse li ritroviamo anche nella Divina Commedia


La nostra tradizione cittadina vuole che Cinquefrondi sia stato edificato dai locresi,  che dalle parti della fiumara sorgesse un tempio dedicato alle muse e che dove oggi c’è la chiesa del Rosario sorgesse un tempio dedicato a Proserpina. Anche se lei non è un archeologo, le sembra verosimile questa versione?

Non sono, appunto, un archeologo. Ma la cosa mi sembra assolutamente credibile. La presenza greca, anche nella nostra zona, è millenaria. Il mio stesso cognome è puramente greco: ieranòs, secondo la pronuncia del greco più tardo, significa “gru”. Ed è un termine che già nell’antichità veniva usato come nome di persona. Per cui, se anche non possiamo esprimerci con certezza, sono disposto a scommettere che i greci hanno iniziato molto presto a lasciare un’impronta sul nostro territorio. 


Viene ancora a Cinquefrondi ogni tanto ? c’è qualcosa che ricorda particolarmente del paese o che le è rimasta cara ?

Vengo sempre più raramente, purtroppo. Ormai manco da alcuni anni. Sono rimasto legatissimo e affezionatissimo a tutte le mie zie e a tutti i miei cugini, anche se magari ormai capita di vedersi più spesso altrove, a Milano o a Torino. Quanto al paese, i tempi cambiano ovunque e credo che, rispetto ai tempi della mia infanzia, negli anni Sessanta, sia cambiata molto anche Cinquefrondi. Allora, andando a spasso per il paese, i miei punti di riferimento erano l’edicola di Pinuccio o il bar di Agostino. Ricordo anche i viaggi in littorina attraverso gli uliveti e altre cose legate a un passato che temo ormai sia remoto. Ricordo poi le storie e gli aneddoti che mi narravano i miei genitori sulle vicende e i personaggi del paese. Purtroppo, avviandosi alla vecchiaia, si tende a vedere ogni cosa, e soprattutto il luogo delle proprie origini, attraverso il filtro del ricordo. Ma, come dice una frase che ho visto scritta su un muro di Atene, “l’unica patria sono i nostri anni di infanzia”. 

 

                                                    Il prof. Giorgio Ieranò
Non è possibile copiare il contenuto di questa pagina.